Giandomenico Tiepolo (1727-1804), La processione del Cavallo di Troia.
Sbattuti e stanchi
di guerreggiar tant’anni, e risospinti
ancor da’ fati, i greci condottieri25
a l’insidie si diêro; e da Minerva
divinamente instrutti, un gran cavallo
di ben contesti e ben confitti abeti
in sembianza d’un monte edificaro.
Poscia, finto che ciò fosse per vóto30
del lor ritorno, di tornar sembiante
fecero tal, che se ne sparse il grido.
Dentro al suo cieco ventre e ne le grotte,
che molte erano e grandi, in sí gran mole,
rinchiuser di nascosto arme e guerrieri35
a ciò per sorte e per valore eletti.
Il Cavallo di Troia è la machina per eccellenza, l'ideale di macchina oscura, ingannevole, sleale, contrapposta al ben più positivo ingenium, la macchina utile che in epoca medievale andrà ad indicare tutti gli oggetti della tecnica.
Il Cavallo, secondo la leggenda, venne usato dai greci per espugnare la città di Troia: essi nascosero al suo interno i loro migliori guerrieri, e con l'inganno convinsero i troiani a trascinare la machina all'interno della città. La notte, i greci nascosti nel cavallo aprirono le porte della città ai compagni, che in questo modo con slealtà riuscirono a prendere la città.
Il libro II dell'Eneide descrive l'episodio:
<http://it.wikipedia.org/wiki/Eneide#Libro_II>, [25.06.2011].
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